“Auguri Nazzareno”: un compleanno di oltre duemila anni

Si avvicina il Natale, il primo dell’era Covid-19, e le imminenti festività sono l’ occasione per il presidente della Comunità di Capodarco Vinicio Albanesi di proporre una personale riflessione sulla figura di Gesù. Lo fa con una vera e propria lettera di auguri nella quale si rivolge direttamente al “Nazzareno”, per un compleanno che dura “da oltre duemila anni”, mettendo in risalto spunti e riflessioni attraverso alcune delle tappe più significative della vita di Gesù.

“Auguri Nazzareno”

Adorazione dei pastori di Rubens, Fermo (particolare)

Caro amico mio, il 25 Dicembre è il tuo compleanno. Auguri vivissimi; da oltre duemila anni, in questa data, moltissimi si ricordano di te. Per la verità approfittano per far festa, scambiarsi regali, mangiar bene e un po’ gozzovigliare. Non è sicura la data della tua nascita, ma nemmeno i ragazzi africani sanno esattamente quando sono nati. Curiosamente gli afgani sbarcati in Italia risultano tutti nati, cosa improbabile, il primo gennaio.

Ti chiamo Nazzareno perché così ti ho conosciuto: c’è voluto del tempo. Mi hanno raccontato di te, fin da bambino. Poi ho letto della tua vita e delle tue opere. Ma soprattutto lentamente ti ho voluto bene. Sono diventato tuo amico.

Fisicamente ti ho immaginato non alto, vestito della tunica, del mantello e dei sandali, con una barbetta appena accennata. Avevi degli occhi vivissimi che indicavano intelligenza, ma anche attenzione e comprensione.

La tua nascita è stata un po’ tumultuosa, ma hai avuto la fortuna di avere una madre speciale: non solo ti ha voluto bene, ma ti ha seguito sempre, anche quando hai incominciato a vagare per la Palestina, annunciando un regno nuovo che doveva venire. Il buon Giuseppe che non era tuo padre, ti è stato accanto, tipo premuroso e silenzioso.

Mi è sempre dispiaciuto non aver avuto notizie dei primi trent’anni della tua vita. Da quanto hanno scritto di te dopo, devi essere stato lavoratore, osservante della legge, frequentatore della sinagoga. Avrai molto discusso con tua madre dei pensieri che avevi. Nel piccolo villaggio dove abitavi tutti ti conoscevano. Improvvisamente hai incominciato a predicare: ti ha fatto da apripista Giovanni, tuo parente. Un tipo tosto che vagava nel deserto facendo penitenza; battezzava con l’acqua del Giordano, invocando la conversione. Ti sei fatto battezzare anche tu, ma poi hai iniziato sul serio a predicare. Hai ingaggiato una dozzina di pescatori ai quali hai chiesto di seguirti. Hanno creduto in te, ma con aspettative ben diverse da quelle che poi si sono verificate. Hai avuto un dono specialissimo: ti facevi capire. Usavi dei raccontini con i quali spiegavi che cosa era il regno nuovo per te.

Quei racconti li ho ascoltati mille volte; sono immediati, istruttivi, commoventi. Il seminatore, il figliol prodigo, il granello di senape, la moneta smarrita, il lievito. Come ti venivano in mente? Ma dietro a quei racconti proponevi la verità che volevi far conoscere. Tutto sommato era anche semplice. Invitavi ad essere onesti, fraterni, capaci di perdono, credenti in Dio, misericordiosi, non avere pregiudizi. Ma hai commesso un’imprudenza che non ti hanno perdonato. Hai voluto reinterpretare i comandamenti, dando loro un significato vero e logico. Hai detto che non era sempre importante osservare i precetti; era cosa migliore un metodo non violento incontrando chiunque ti avesse cercato; predicavi un Dio abitante nel mondo e non solo nel tempio. Hai riassunto il nuovo regno nel voler bene a Dio, a se stessi e al prossimo; ma non eri rabbino, né scriba, né fariseo.

Ti hanno chiesto un segno e tu ne hai offerti a decine: ti sei permesso di far miracoli, guarendo corpi e anime, addirittura farcendo risorgere i morti. Incontrandoti a tu per tu mi piacerebbe avere spiegazione dell’acqua diventata vino e del pane e pesci moltiplicati.

Non hanno creduto in ciò che predicavi e facevi. Ti hanno per questo accusato di essere un bevitore e un posseduto del demonio. Ti hanno fatto fare una brutta fine. Hai provato la disperazione delle ingiurie e delle percosse; ti sei sentito solo e disperato. Non ti sei ribellato, ma ti sei affidato al vero tuo Padre.

Ti voglio bene. Hai promesso che non ci avresti abbandonato: ti sento vivo e presente. Considerami uno della tua cerchia. Tu Nazzareno hai dimostrato che Dio sta con noi. Hai lasciato detto che ci ritroveremo in cielo, quando sarà il momento.

Auguri vivissimi da parte mia e di milioni di persone che credono in te. Sei grande, ricambia questa nostra amicizia. Cerchiamo di mettere in pratica quanto hai lasciato detto: è un po’ dura perché voler bene a volte è facile, a volte sembra impossibile.

Un abbraccio forte, forte”.