Addio Marisa Galli, co-fondatrice della Comunità di Capodarco: “una grande donna”

Marisa Galli

Le Comunità di Capodarco d’Italia si uniscono per l’ultimo saluto della loro Marisa Galli, co-fondatrice della realtà nata nel 1966 a Fermo, nelle Marche, quando un gruppo di tredici disabili e un giovane prete, don Franco Monterubbianesi, decisero di cominciare l’avventura rivoluzionaria e utopica, di una vita in comune in una villa abbandonata. Nata nelle campagne marchigiane, tetraplegica fin dalla nascita, Marisa ha avuto l’occasione di scegliere il proprio destino e cambiare concretamente la propria vita.

“Sono diventata senza volerlo una specie di simbolo – aveva affermato Marisa Galli, nel 2016 durante i festeggiamenti per i 50 della Comunità – ma ho solo creduto a quello che don Franco proponeva, grazie a una spinta interiore molto forte. Ho creduto, insomma, alla proposta di dedicare la mia vita a favore di una categoria”. Una scelta importante che lei considerava una restituzione fatta alla società: “Avevo ricevuto molto, ho deciso di essere fedele alla scelta, attenta e comprensiva verso quello che succedeva intorno a me”. “Sono credente – aveva ribadito in quell’occasione –  e la presenza di Dio l’ho sentita fin dall’inizio, per quella sensibilità che mi ha fatto soffrire ma mi ha fatto anche capire quanto sia importante assumere i problemi degli altri. Sono convinta che noi abbiamo dato l’assenso all’opera di Dio. Nessuno avrebbe immaginato allora che questa realtà prendesse così piede e si ampliasse in questo modo”.

Il ricordo del presidente Vinicio Albanesi

Marisa Galli è stata una grande donna. Nata con grave disabilità, insieme alla mamma ha guardato avanti. Non è potuta andare a scuola, ma sapeva ben leggere e scrivere. Incontrato don Franco, insieme a lui ha creato la Comunità di Capodarco. Ha lasciato la sua carissima madre, perché per sé e per altri dovevano aprirsi altre strade.

Molto religiosa, un giorno confessò: “non ho chiesto mai a Dio il miracolo della guarigione”. Mi ha dato la vita e questo è sufficiente. Gli inizi sono stati difficili, per mancanza di risorse, per l’accoglienza di quanti chiedevano un ambiente dove sognare. Non si è mai lamentata di nulla. Molto tenace non si è sottratta al “lavoro”: una foto storica la ricorda mentre lavora in ceramica. Non ha mai dismesso l’energia necessaria che l’aveva portata a costruire la comunità e a gestire un gruppo che, nel tempo, era diventato numeroso e vivace. Era pure ironica, anche per la sua grave disabilità, sulla quale era capace di scherzare. Nel libro “Il lato umano”, scritto nel 1966 racconta gli inizi della Comunità con i momenti felici e difficili.

Nel 1974, lasciata Capodarco, va a Roma e, non paga del suo impegno, adotta una ragazza con seri problemi psichiatrici. Le fa da madre, sopportando le problematiche che una malattia mentale comportano. La sua vita ha dimostrato che, al di là delle disabilità, è possibile vivere con entusiasmo, con sogni e con risultati di una vita vissuta con intelligenza e con coraggio. Un esempio raro di vivere con prospettive che superano i limiti che a volte la natura destina.

Il ricordo di lei è la storia della Comunità che continua nell’azione che nel 1966 fu intuita. Molti di quei primi personaggi di quell’epoca stanno morendo. Il tempo non cancella le buone idee, anzi le rafforza e le accompagna. Se in Italia l’attenzione e il rispetto per la disabilità sono diventati patrimonio comune lo si deve a persone come Marisa che, nella vita, hanno dimostrato che ogni persona è degna di rispetto e può agire per il bene di tutti. La ricordiamo con riconoscenza, la stessa che Dio concederà a lei.

Marisa Galli ha raccontato la sua esperienza e il suo pensiero nei seguenti testi: “Il lato umano” (1996-Comunità edizioni); “La lunga sfida. Manuale per superare l’emarginazione” (2005-Sensibili alle foglie), “Una storia unica” (2007 – Redattore Sociale edizioni); “Intimo a rovescio” (2016 – Sensibili alle Foglie)

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