Verso il Sinodo sulla famiglia. Convivenze, matrimoni in chiesa senza fede o di coppie gay: don Albanesi e due arcivescovi a confronto

Ripensare_la_famiglia_Cop_FronteCAPODARCO – Il Sinodo sulla famiglia voluto da papa Francesco, in programma dal 4 al 25 ottobre in Vaticano, è quasi alle porte e verterà sul tema “La vocazione e la missione della famiglia nella Chiesa nel mondo contemporaneo”. Su questo tema don Vinicio Albanesi, parroco a San Marco alle Paludi a Fermo e vicario giudiziario nel Tribunale ecclesiastico, riflette da tempo; così ha sintetizzato il suo pensiero, intriso di teologia e di esperienza concreta, nel volume Ripensare la famiglia. Per un cambio di passo nella Chiesa, edito da Ancora e presentato ieri pomeriggio presso la sala conferenze della Comunità di Capodarco, di cui il sacerdote – che da qualche settimana conduce il commento al Vangelo domenicale in onda il sabato alle 17,30 su Rai Uno nel programma “A sua immagine – Le ragioni della speranza” – è presidente. Obiettivo delle pagine, ha spiegato, “è capire cosa sta avvenendo nelle nostre famiglie, vale a dire ciò che costituisce la parte più significativa della società”.

Riflessioni sul libro sono arrivate dai due relatori invitati: il cardinale Edoardo Menichelli, arcivescovo di Ancona-Osimo, e l’arcivescovo di Fermo Luigi Conti, che ha confidato di aver letto l’opera ancor prima che venisse scritta, “perché il tema è stato oggetto di un dialogo intenso e frequente. Ripensare la famiglia significa secondo me riscoprirla, perché è stata offuscata e sottoposta a una serie di traumi, mentre nasceva un fenomeno per cui tutti vogliono essere famiglia e tutti parlano di matrimonio. L’orizzonte culturale è descritto attraverso la secolarizzazione (che genera forme diverse di rapporti) e un peccato di omissione della Chiesa, che non è riuscita in questi decenni a dire cos’è il matrimonio naturale: un peccato generato dal fatto che noi abbiamo presupposto la fede. Se non c’è, si può suggerire di sposarsi civilmente”. E don Albanesi ha chiosato: “Negli anni Novanta i vescovi non hanno permesso di dire: ‘Tu non sei pronto per il matrimonio religioso’. Così i due elementi del matrimonio, civile e religioso, sono rimasti legati, poi si sono dissolti e la gente li ha aggirati non sposandosi più. E oggi prevale la convivenza”. Ma l’analisi di don Vinicio si apre a proposte ben precise, ha proseguito l’arcivescovo Conti: “Davanti alle nuove forme di matrimonio presunte, dice di fare dei passi. Il primo è quello di prendersi cura, poi di partecipare alla vita di queste famiglie e di accompagnarle”. Forse proprio perché “nelle nostre case si è fermata la trasmissione della fede”, ha constatato il presule. Snocciolando anche cifre emblematiche: “A Cosenza viene celebrato l’85% di matrimoni religiosi, a Milano il 35%. Allora non è per mancanza di soldi che non ci sposa in chiesa, Il problema è una mentalità secolarizzata”.

Di fronte a questa crisi, occorre “scoprire la bellezza della responsabilità. Molti accettano che il matrimonio sia frutto del volersi bene, ma pochi capiscono il matrimonio come vocazione, dunque come responsabilità. Maternità e paternità non sono un diritto, ma una responsabilità”, ha osservato il cardinale Menichelli, puntualizzando: “Il matrimonio è stato privatizzato, gli abbiamo tolto la fantasia dell’amore, abbiamo detto che costa”. Nel volume di don Albanesi, “un prete credente e amante dell’umanità, questa umanità va orientata, educata a capire cosa porta dentro. Nel tentativo amoroso di capire di più il dono della famiglia e accompagnarlo: è il grande compito che tutti abbiamo. Anche la società e la politica non hanno capito la famiglia”. Quindi al prossimo Sinodo verranno affrontati nodi cruciali, ha rilevato il porporato, che parteciperà ai lavori dell’assise vaticana come membro di nomina pontificia, cioè scelto in persona da papa Bergoglio. “Il Sinodo è un fatto mondiale: le letture che darà della famiglia non potranno quindi essere applicate omogeneamente dappertutto. E i cambiamenti della Chiesa non sono rapidi come la tecnologia, perché di fronte abbiamo le persone. Che non sono pulsanti: occorre conoscere chi sono, le loro storie. Perché ciò che esce dal sinodo diventi operativo, dunque, occorreranno 20 anni”. E ha sottolineato come la famiglia non sia “oggetto ma soggetto della pastorale: ma noi preti siamo pronti a dirlo? E le coppie sono pronte ad assumersi tutto come sacramento? Ci vuole tempo per destrutturare qualcosa che si indurito. Ma il maschilismo esiste da tutte le parti”.

Sulle nozze gay, Menichelli è stato chiaro: “L’importante è capire i termini. Questi fratelli e sorelle non sono fatti male, hanno un diverso orientamento. Si amano. Faccio fatica a chiamarlo matrimonio: chiamiamola storia, comunione. Ma il matrimonio in quanto tale ha altre caratteristiche: un uomo e una donna che preparano il futuro”. (lab)