Malattie neurodegenerative: tra presa in carico, perseveranza e qualità della vita

“La persona con malattia neurodegenerativa e i nuovi percorsi di presa in carico”, è stato questo il tema centrale dell’ultima giornata (venerdì 7 dicembre 2018) di “Unimc for inclusion” la settimana di formazione, convegni, laboratori, spettacoli e interviste sui temi dell’inclusione e dell’accessibilità organizzata dall’Università di Macerata. La chiusura ha fatto tappa alla Comunità di Capodarco di Fermo, una realtà dove la presa in carico è diventata obiettivo ed esperienza di vita da oltre 50 anni. Iniziati il 3 dicembre con il confronto tra i maggiori centri universitari internazionali su pratiche, procedure e dispositivi di didattica inclusiva, gli eventi dell’ateneo hanno approfondito di volta in volta diversi aspetti: dal focus sulle attività di associazioni e scuole che fanno rete per l’inclusione a una riflessione dedicata al mondo delle biblioteche; dalla tavola rotonda sul tema della depressione al variegato mondo della cooperazione internazionale. Il tutto accompagnato da laboratori incentrati sul tema dell’inclusione in rapporto alla didattica, all’arte, alla musica, alla narrazione. Al convegno alla Comunità di Capopdarco di Fermo, con Vinicio Albanesi (presidente), erano presenti il neurologo Patrizio Cardinali (dirigente medico dell’Ospedale Murri di Fermo); Valentina Koxha (fisiatra, direttrice sanitaria Comunità di Capodarco); Sauro Longhi (Magnifico Rettore dell’Università Politecnica delle Marche); Simone Aparecida Capellini (Università Statale di San Paolo) e Catia Giaconi (professoressa di pedagogia speciale, responsabile del Progetto Inclusione 3.0 dell’Università di Macerata) che ha coordinato gli interventi.

“Ho invitato tutte i servizi di Capodarco – ha esordito don Vinicio Albanesi – perché nei nostri progetti, non si tratta solo di studiare le malattie neurodegenerative, si tratta di dare risposte e farsene carico, perché la richiesta è alta. Proporrò al governatore delle Marche l’apertura di 8 posti sollievo per malati di Sla. Il sogno poi, è che si possa fare una ricerca epidemiologica sull’origine della malattia, sembra che il nostro territorio abbia l’indice più alto della media nazionale, non si sa se per ereditarietà, cause ambientali o cause legate al lavoro. È un impegno forte e duro, che coinvolge la scienza medica, riabilitativa e la Comunità”. 

Valentina Koxha, Catia Giaconi, Patrizio Cardinali e Simone Aparecida Capellini

Entra nello specifico della patologia Patrizio Cardinali, responsabile del profilo assistenziale Sla dell’Area Vasta 4 Fermo (AV4). “Ho avuto oggi la possibilità di ritrovare amici, gioco quasi in casa, qui in Comunità ho fatto l’esperienza di obiezione di coscienza nel 1998, rivedere i volti delle persone mi ha emozionato, mi ha ricordato una realtà grande, come quella di Capodarco, che ha saputo includere davvero la disabilità”. Il neurologo spiega che la “neurodegenerazione” indica il processo di perdita progressiva della struttura e della funzione del sistema nervoso, che determina la morte neuronale irreversibile. Le cellule per motivi vari perdono vita e funzione e questo impoverimento provoca malattie, lente, croniche e progressive, con un accumulo di disabilità che si accresce negli anni, a cui è necessario dare risposta. Ma queste patologie sono veramente in aumento? Sì, almeno nel mondo occidentale, non nei paesi poveri, essendo malattie che si manifestano in età adulta, tra gli anziani, chiarisce l’esperto, sono in aumento nelle aree dove la durata media di vita è significativamente più alta. Cardinali espone i fattori combinati che possono essere all’origine delle cause: la predisposizione genetica (non determinante), le tossine ambientali (motivo per cui alcune aree geografiche sono più esposte rispetto ad altre), lo stress ossidativo e l’invecchiamento. 

L’intervento del progetto AV4 poggia su alcune parole chiave: integrazione (mettere in campo le forze di tutti); multidisciplinarità (specialità integrate, mediche, psicologiche, paramediche e sociali che lavorano in rete) e identità (l’importanza di un riferimento medico stabile, perché sapere chi cercare crea sicurezza in una logica di continuità e di fiducia). Coordinate da fra loro, le varie figure di specialisti entrano in gioco nelle due fasi (ambulatoriale e domiciliare), coinvolte a collaborare nella prospettiva di offrire risposte adeguate a sostegno dei malati e dei familiari. Ma chi fa la vera presa in carico, chi sta a fianco del paziente quotidianamente? L’infermiere delle cure domiciliari e il fisioterapiasta, comunica il neurologo. E naturalmente il caregiver, che è in cima alla piramide della presa in carico, la persona più importante ma anche la più fragile di tutto il percorso di cura. Se crolla il cargiver, bisogna trovare una struttura. Ottimizzare le risorse disponibili, evitare gli sprechi, fare prevenzione e costruire la formazione, sono gli scopi del Piano ma l’obiettivo maggiore è migliorare la qualità di vita dei malati e far soffrire meno le famiglia, perché il livello di qualità delle condizioni di vita dei soggetti malati è strettamente collegato a quello delle famiglie. Dal 2010 in poi sono stati seguiti 73 casi di Sla, attualmente sono 30 (43 sono deceduti). L’incidenza di malati di Sla dell’area del fermano – ricorda Cardinali – è  molto alta rispetto alla media regionale e nazionale: nel 2018, sono 17 malati su 100 mila abitanti, 7 in più rispetto alla regione Marche e 11 in più rispetto alla media nazionale. È importante come si vive, la qualità è un valore irrinunciabile. “Non si deve pensare alla salute in temi di quantità, il valore è la qualità, la costruiamo giorno per giorno non solo se ci sentiamo amati, ma se amiamo. “Amare” è una qualità del nostro agire”. La realizzazione di ogni intervento deve tendere a questo orizzonte.

Inizia con l’esperienza di Capodarco e ripercorre le tappe storiche della nascita (già nel ’69) dei servizi riabilitativi, Valentina Koxha, la direttrice sanitaria della Comunità di Capodarco, presentando le diverse professionalità che costituiscono l’equipe riabilitativa, si sofferma e rimarca il ruolo indispensabile dei terapisti, che vedono con frequenza settimanale i pazienti e sono spesso quelli che hanno il polso della situazione, intercettano per primi i cambiamenti clinici, effettuano un costante monitoraggio delle aree funzionali e dei parametri vitali dei malati e soprattutto, offrono un supporto alla famiglia, supporto che facilita anche l’adattamento alla malattia che non è “accettazione passiva ma un atteggiamento flessibile ed equilibrato” che permette al malato di salvare se stesso e i propri valori,  compatibilmente con i limiti espressi dalla malattia, un processo di realistica presa di coscienza. Un lavoro di ascolto ed empatia, in cui la presa in carico è anche quella delle emozioni altrui e proprie. La fisiatra porta anche dei numeri: 487 i pazienti in carico, di cui 154 con malattie neurodegenerative, i malati di Sla seguiti sono 31. Dei 31 casi, ricorda la Koxha, 5 casi hanno avuto un esordio di malattia prima dei 50 anni e un caso prima dei 40. “Trattavamo tali patologie già dal 1994, ma siamo diventati centro di riferimento per la Sla a livello territoriale, nel 2009, con la convenzione firmata con l’area vasta”. Paziente e famiglia al centro, la Koxha ribadisce l’importanza di una presa in carico globale, di un’accoglienza adeguata, bio-psico-sociale, che segua le storie personali. È tempo di pensare a un luogo dove possono esser fatti dei ricoveri a medio lungo termine, per far affrontare la propria esperienza, nel miglior modo possibile, umano sociale e sanitario. Simone Aparecida Capellini dell’Università Statale di San Paolo, ha invece condiviso la sua esperienza brasiliana, all’interno di un centro di eccellenza di riabilitazione neurologica, entrando nel merito delle azioni che il centro attua,  per il potenziamento delle funzioni danneggiate in pazienti colpiti da Alzheimer, morbo di Parkinson e Sla.

Vitaliano Scoccia

Grazie al lavoro d’équipe e alla tecnologia assistiva, Vitaliano Scoccia, malato di Sla che da alcuni mesi ha scelto di vivere in Comunità, ha potuto raccontare a tutti la sua storia, “la storia di un uomo normale”, come sottolinea. La sua testimonianza ribadisce che per affrontare una malattia come questa, non bastano solo i medici, la qualità la fanno anche gli esperti di comunicazione, gli ingegneri, la scelta dell’ausilio giusto che diventa essenziale. Perché gli ausili possono cambiare la qualità di una vita.

E di tecnologia a servizio delle persone si parla nell’ultimo intervento, quello di Sauro Longhi (Magnifico Rettore dell’Università Politecnica delle Marche). Nel salutarlo, a conclusione dei lavori, Vinicio Albanesi lancia una proposta “in questi 50 abbiamo sviluppato a Capodarco una dimensione di accoglienza e condivisione, dobbiamo fare un salto di qualità per incrementare quanto vissuto. Come? Con l’Università di Macerata abbiamo una relazione intensa, ora occorre creare un collegamento con il Politecnico di Ancona. Mentre Macerata è specializzata a una dimensione umanitaria e pedagogica, quella di Ancona, ha altre specialità, quella ingegneristica e medica”. Sono queste diversità, che diventano nella proposta di don Albanesi preziosa alleanza. La richiesta pubblica del presidente di Capoarco è stata quella di “costituire nella Comunità, un Comitato Scientifico” di studio e ricerca, in cui farebbero parte i due atenei e Capodarco, ognuno con le proprie competenze. “Scienza e virtù” è lo slogan coniato, perché sono questi i due poli entro cui si gioca la risposta ai bisogni e al benessere del territorio.

Catia Giaconi e Sauro Longhi

“Sempre interessante incontrare questo tipo di esperienza- è la risposta del Magnifico Rettore –  i manifesti che stanno in questa stanza riassumono cosa rappresenta Capodarco, una comunità aperta all’accoglienza che va incontro ai bisogni. L’invito di don Vinicio è nelle nostre aspirazioni, cioè, essere dentro ai territori. Le università come le nostre che sono vocazionali, hanno le loro specificità e i loro valori e la missione è diffondere questi valori. Siamo una regione che ha fatto dell’inclusione e dell’ascolto, una ricchezza che cerchiamo di contaminare anche fuori. Credo che il valore dell’accoglienza, sia un valore fondante della società marchigiana. La resilienza non è altro che la perseveranza, la voglia di resistere, di lasciare il proprio segno, il proprio passaggio. Gli insegnanti lo fanno di mestiere, ma ciascuno di noi lo fa e lo fa con questo obiettivo. La Facoltà di Ingegneria da diversi anni ha acquisito una sensibilità nello sviluppo di tecnologie per rendere autonome le persone, autonome nella scelta,  anche nel rifiuto delle tecnologie, perché le tecnologie devono essere accettate e non imposte. Nel 2069 la popolazione sarà totalmente diversa, avremo il 30-33% delle persone anziane. una Tra le linee strategiche definite dal nostro ateneo, una è proprio quella di andare incontro ai bisogni delle persone con fragilità. Il Rettore conclude l’intervento con un “benvenga questa collaborazione”. Accogliendo la proposta di Capodarco.

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