Il teologo Vito Mancuso: «Consumiamo perché esistiamo, ma solo l’utopia può salvarci»

11667437_766518650161550_6409457904678078437_nFERMO – Qual è il confine tra consumo e consumismo? Un’utopia dell’umanità che sia più grande della visione materialista e utilitarista del vivere. E’ la riflessione del teologo Vito Mancuso che ieri, con il presidente della Comunità di Capodarco don Vinicio Albanesi e al presidente di Coop Adriatica Adriano Turrini, ha preso parte al convegno “Io: Consumo!”. L’evento è stato organizzato dalla comunità terapeutica per le dipendenze patologiche “L’arcobaleno” a Fermo, insieme al Consiglio di zona Marche 4 della Coop Adriatica. Una discussione incentrata sui temi del consumo sostenibile, tra sprechi ed eccessi.

L’analisi di don Vinicio Albanesi è partita da una domanda: esiste il consumo anche nel sociale e nella sanità? “La riposta è sì”, ha osservato don Albanesi. “Sì, perchè noi siamo ossessionati da due idee: essere sani per tutta la vita, e essere immortali. La sanità risponde con i protocolli, con la Carta dei servizi, che serve ai medici per tutelarsi dalle denunce; con una serie infinita di professionisti: siamo arrivati ad avere uno psicologo ogni 100 abitanti e un medico ogni 300. Ne deriva uno spreco, perché il consumo diventa ossessivo per raggiungere due obiettivi di fatto irraggiungibili. E finisce che l’80-90% degli esami risulta inappropriato”.

C’è poi la questione delle medicine: “In India il farmaco contro l’epatite C costa 15 euro contro i 600 dell’Italia”. Altri sprechi? “Mettiamo le protesi a anziani di 90 anni; compriamo il seme in Spagna per avere un figlio salvo poi rifiutare il bambino se non è come l’avevamo ‘ordinato’. Qui dovremmo mettere una regola: i figli non si comprano”.

“Lo spreco – ha concluso il presidente della Comunità di Capodarco – esiste perché abbiamo rimosso l’imperfezione e la dignità della morte. Ma il problema è che la popolazione sta invecchiando e con questo sistema la sanità implode; se non andiamo a regolarizzare attese e sprechi, finisce che solo chi ha i soldi si può curare”. Il concetto della rimozione della dignità della morte è stato ripreso dal teologo Mancuso: “Nella nostra società – ha spiegato – è in atto la rimozione della cultura che permette di affrontare il negativo della vita, negativo che prima o poi arriva, così come arriva il positivo. A questo servono la cultura e la spiritualità: a sapere come abbracciare la morte. Il grande problema è il chiaroscuro della vita, siamo dentro l’antinomia: speranza e disperazione”. 

“Noi siamo un pezzo di materia – ha proseguito – che può dire ‘io’: non esiste niente di più straordinario e prezioso di questo. Siamo atomi di ossigeno, acqua, carbonio, calcio, fosforo e azoto. Elementi che si compongono in cellule, fino alla mente che dice ‘io’. Perciò, non solo noi consumiamo, ma ci consumiamo e siamo consumati. Non possiamo esistere senza consumare. Ma il pianeta, che deve nutrire 7 miliardi di persone, può sostenere questa massa? Nel 2015 saremo 10 miliardi di persone”. È questo il tema dell’enciclica del papa Laudato si’ che, secondo il teologo, “se da una parte prende in considerazione il disastro ecologico, dall’altra non tiene conto di questa spropositata crescita demografica”

Qual è dunque il limite tra consumo e consumismo? “E’ avere un’idea più grande del consumo. E’ avere una fede politica, religiosa, un’utopia dell’umanità per non essere in balìa di chi spinge a consumare. Avere un’idea più grande di noi stessi, che ci permetta di consumare per vivere, anzichè vivere per consumare. La maggior parte degli esseri umani non ha però questa consapevolezza, manca questa idea prospettica e questa è la più grande povertà, perchè ci lascia in balìa di chi seduce di più. Cercare questa ‘idea luce’ è l’unico modo per evitare di essere schiacciati dal consumismo. Tutto parte da qui, dall’avere questa consapevolezza. Resta che la nostra è una società al capolinea, se c’è la crisi ecologica è perché siamo troppi. E nessuno ha il governo di questo”.

Adriano Turrini, presidente di Coop Adriatica, ha delineato il modo in cui è cambiato il consumo oggi, dal punto di vista della grande distribuzione: “C’ è più attenzione da parte del consumatore, ci sono meno sprechi, si legge l’etichetta non per guardare la scadenza dei prodotti ma da dove vengono, si richiede il biologico ma a prezzi sostenibili, c’è più consapevolezza del profilo etico. L’obiettivo della Coop è quello di ricostruire intere filiere che in Italia sono andate distrutte come quella della carne, devastata dall’uso di anabolizzanti. Ma rispetto della filiera significa anche attenzione a combattere l’illegalità nel lavoro, il caporalato”. (ab)

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