Altri atti vandalici nella Comunità Progetto Sud

Non c’è pace per la Comunità Progetto Sud fondata e diretta da don Giacomo Panizza, il sacerdote bresciano che da oltre quarant’anni opera a Lamezia Terme in Calabria. In questi ultimi giorni sono due gli atti vandalici che hanno pesantemente colpito due delle cooperative facenti parte della “grande famiglia” della Progetto Sud. Mercoledì scorso ignoti hanno forzato il cancello de “Le agricole”, la cooperativa costituita da donne in difficoltà che produce agricoltura biologica all’Erbaio, un terreno alla periferia sud della città. I ladri hanno divelto il tetto della casetta realizzata all’interno del campo coltivato portando via diversi attrezzi per la lavorazione del terreno. Ieri un altro furto è avvenuto all’interno del parcheggio custodito dell’ospedale cittadino.

Il parcheggio del nosocomio è gestito dalla cooperativa Ciarapanì, anch’essa facente parte del gruppo della Progetto Sud. In questo caso i ladri hanno forzato la porta di ingresso del gabiotto presente nel parcheggio ed hanno rubato il denaro dalla cassa che poi è stata divelta ed è stata ritrovata in un fosso a poche centinaia di metri dall’ospedale. I ladri hanno anche prelevato le registrazioni delle videocamere di sorveglianza, in modo da far sparire il video del furto e della devastazione effettuata all’interno del parcheggio. Questi sono solo gli ultimi due episodi di violenza e vandalismo che vanno ad aggiungersi ad un corposo elenco di intimidazioni di ogni genere che si sono susseguite negli anni e si sono consumate ai danni dell’intera comunità guidata da don Panizza.  “Non so perché non ci lasciano in pace. Sanno bene che noi denunciamo ogni volta perché vogliamo continuare a rimanere liberi. Sembra che dietro tutto ciò ci sia una regia criminale”. Sono le considerazioni di don Panizza che, anche a nome di tutti i suoi collaboratori, esprime tutta l’amarezza per degli atti che, oltre a causare danni economici, gettano sconforto.
Pensando al prossimo futuro, don Panizza non riesce a essere ottimista: “Purtroppo rischiamo che succederà qualcos’altro, questa è la mia preoccupazione – rivela il presidente della Comunità Progetto Sud –  Vorrei proprio non pensare di essere nel mirino, ma sto mettendo in conto tante cose”. La Progetto Sud, nata nel 1976, è un sistema di realtà associative ben radicato sul territorio, basato sui principi della solidarietà e sussidiarietà. Un mondo all’avanguardia che ha scardinato il vecchio assistenzialismo che imperava nel mondo del sociale lametino e calabrese; un universo nuovo, efficiente, funzionale, che ha messo al centro la persona e i suoi diritti con particolare attenzione ai soggetti più deboli che non hanno voce. La Progetto Sud, emblema di un sistema innovativo, eticamente pulito, che la delinquenza comune e la criminalità organizzata  da sempre stanno cercando di distruggere con ogni mezzo. (Maria Scaramuzzino) “Queste sono azioni che ci indeboliscono economicamente. Con gli ultimi due episodi di questi giorni, la conta dei danni è arrivata a circa 30 mila euro – evidenzia il sacerdote – Ciò significa che dovremo fare altri mutui, assumere altri impegni economici e finanziari oltre a quelli che già abbiamo”. Don Giacomo racconta che, prima dei fatti eclatanti di quest’ultima settimana, per tutto il mese scorso si sono verificati piccoli furti e atti vandalici di vario tipo in diverse sedi della Progetto Sud.  “E’ stata un’escalation alla devastazione. E’ evidente il gusto esagerato a distruggere sempre più. Noi non siamo una ditta siamo un’associazione che aiuta le persone a crescere, a essere consapevoli. Vogliamo essere liberi, senza nessuno che ci protegga, che vincoli o condizioni la nostra libertà”. Una determinazione, quella di don Giacomo e di tutti gli operatori sociali impegnati nelle varie realtà associative, che risente fortemente di tutti i colpi subìti negli anni. “Il morale di tutti noi è un po’ giù, ci cadono le braccia quando ci ritroviamo di fronte a queste situazioni ma –  asserisce don Giacomo – ci vogliono comunque la calma e la ragione perché l’aspetto etico di quello che facciamo ce lo impone”.